Questi brani sono tratti dal poema di Ghiannis Ritsos "La Signora delle vigne".
Ghiannis Ritsos è stato uno dei grandi poeti contemporanei, purtroppo pressoché sconosciuto in Italia, dove peraltro stanno diventando sconosciuti, svanendo come fantasmi troppo vecchi per essere ricordati, anche i grandi poeti italiani, contemporanei e non. Ma in queste pagine cercheremo di riportarli in vita, e speriamo che tornino a splendere nelle vostre anime.
Ghiannis Ritsos è nato nel 1909 e morto nel 1990. Era un comunista e un combattente nella resistenza greca, e per questo subì carcere e torture, prima dal '48 al '52, poi dal '67 al '69, durante il regime dei colonnelli. Solo una protesta internazionale riuscì a liberarlo, mentre era gravemente ammalato.
"La Signora delle vigne" è il poema di un amore sconfinato per la Grecia, per la sua terra, le sue creature, per la sua gente, per la loro combattività e tenacia, per la storia e la tradizione perpetuata nei gesti quotidiani, nei sentimenti famigliari. E' il poema dell'eternità di tutto ciò che è concreto e spirituale insieme; dei suoni, degli odori, delle luci, dei sentimenti greci.
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Signora delle Vigne, che ti vedemmo dietro la rete della
pineta
rassettare ai primi albori le case delle aquile e dei
pastori,
sulla tua gonna la stella del mattino arabescava le ombre
ampie delle foglie di vite
due api ridestate anzitempo ti pendevano ai lobi delle
orecchie
e i fiori d'arancio t'illuminavano la strada oscura e
riarsa.
Signora bruna, che un barbaglio t'indorò le mani come a
un'icona di Madonna,
tra la peluria riccia della nuca ti sfavillava la rugiada della
notte
come se poco prima di spegnersi si fosse
pentita la via lattea
allacciandotisi come un monile al collo per riversarsi nel
tepore del tuo seno.
E la quiete era densa come latte in un secchio d'abete
e la terra arata profumava come una chiesa la Domenica
delle Palme
e il pastore usciva dal sonno come esce il granchio dall'acqua
sulla spiaggia
e sul suo umido guscio il mattino riluce con
due grani di stelle.
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Perché, Signora, ti dai alla macchia e le nuvole fuggono?
Oggi le pecore entrano nell'ovile della sera e tingono di
nero la loro lana
oggi l'aquila tinge di rosso i suoi artigli,
ché si sono avventati gli anticristi e hanno calpestato le
nostre vigne
staccano il fico dalla pianta e il neonato dalla mammella
staccano il braccio alla Madonna per venderlo al mercato -
nuvole di locuste spianano i campi seminati,
pugnalate alla schiena e vipere agghindate con lingue
biforcute.
Ormai chi se ne sta, Signora, a vegliare con lo zufolo il
gregge delle ombre
chi a governare gli abeti nelle acque della via lattea?
Collere millenarie di avi e bisavi tuonano dentro le giare
vuote
migliaia d'estati gemono nelle botti di vino
il pellicciotto della nonna nel baule medita Bubuline
e nel cannocchiale del comandante si sono ridestati brulotti
e Kanaris e scirocchi.
Signora, Signora, indossa ancora gli abiti cleftici del valore
in cima alle montagne
cingiti il seno di tre file di stelle per giberne
metti nella bisaccia l'icona della Madonna insieme alle
cartucce -
apostoli pastorecci suonano le campane di Santa Sofia
le montanare di Macedonia – piante d'ulivo si danno alla
macchia
e i morti sui gradini della chiesa lubrificano i fucili con
l'olio della lucerna.....
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