Festa della liberazione, per non dimenticare e per non fare confusione

CANTO DEGLI ULTIMI PARTIGIANI

di Franco Fortini

Sulla spalletta del ponte

le teste degli impiccati

nell’acqua della fonte

la bava degli impiccati.

Sul lastrico del mercato

le unghie dei fucilati

sull’erba secca del prato

i denti dei fucilati.

Mordere l’aria mordere i sassi

la nostra carne non è più d’uomini

mordere l’aria mordere i sassi

il nostro cuore non è più d’uomini.

Ma noi s’è letta negli occhi dei morti

e sulla terra faremo libertà

ma l’hanno stretta i pugni dei morti

la giustizia che si farà.

ALLE FRONDE DEI SALICI

di Salvatore Quasimodo

E come potevamo noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento.

PER I MORTI DELLA RESISTENZA

di Giuseppe Ungaretti

Qui

vivono per sempre

gli occhi che furono chiusi alla luce

perché tutti

li avessero aperti

per sempre

alla luce

SETTE FRATELLI CERVI

di Sonia Savioli

“Dopo un raccolto ne viene un altro”

lo disse perché erano contadini

gente ignorante, che non capiva

progresso, civiltà e confini.

Il progresso per loro era aver tutti da mangiare

la civiltà essere tutti uguali

i confini erano quelli segnati

tra il grano e l’avena

dai pioppi e dai canali.

Sette fratelli Cervi, il poeta vi ha chiamato

sette stelle dell’Orsa, per guidare il cammino

nuova costellazione in un cielo mai offuscato

ma chi ha dimenticato cammina a capo chino.

Un cuore può spezzarsi, si spezza anche la roccia

così morì la madre, per il troppo dolore

ma lui rimase, il padre, visse per ricordarli

per ricordare a tutti che non c’era altro da fare.

Sette fratelli Cervi, sembra una leggenda

nata dalla nebbia di una grande pianura

sembra un’antica fiaba, splendida e tremenda

raccontata per crescere e vincere la paura.

Dopo un raccolto ne viene un altro

lo disse perché erano contadini

gente che non si stancava di seminare e crescere

di guardare le stelle e allevare bambini

di insegnare ai figli che l’uomo soltanto

è il vero padrone del proprio destino

che senza i servi non ci sono i padroni

che non si deve camminare a capo chino.

Sette fratelli Cervi, una manciata d’uomini

lanciati come semi nel solco della storia

dopo un raccolto ne viene un altro

vi cresceremo nella nostra memoria.

LETTERA DI ALDO SBRIZ (Leo)

Di anni 34, falegname, nato a Cormons (Gorizia), militante del Partito Comunista Italiano, arrestato nel 1937, processato dal tribunale speciale, condannato a 4 anni di reclusione. Dopo l’8 settembre 1943 comandante di compagnia del battaglione “Mazzini”. Catturato dalle SS tedesche il 1 gennaio 1941, più volte torturato, fucilato il 7 marzo 1944.

Gorizia, 6 marzo 1944

Pina cara, figli miei, madre e tutti i miei cari,

quando riceverete questa mia io sarò già morto.

Il mio dolore è immenso, non per me stesso, ma per voi tutti. Vi ho tanto amati, in mezzo a voi ho trovato grande felicità, sono contento e felice di avervi amati ed essere stato amato.

Ti ricordi, Pina mia, quante belle speranze accarezzavamo, come costruivamo il nostro avvenire…

E tu Giuliana mia piccola, come sei? Io l’immagino il tuo lieto visino sorridente. Aspettavo la tua nascita con gioia grandissima… non ho potuto darti nemmeno un bacino sulla tua fresca guancetta. Ora io ti saluto e ti bacio caramente.

E tu, Lucianuti mio, ricorda sempre il tuo caro Tate, che ti ha voluto sempre tanto bene. Addio Lucianuti. Addio madre mia, sorelle, nipotini, addio… Datevi coraggio, non dimenticatemi. Perdonatemi!

Auguro a tutti voi una lunga e felice vita… Vi lascio in eredità il mio affetto amoroso…

Liuba Sevtzova

Membro della “Giovane Guardia”, compie azioni di sabotaggio contro gli occupanti tedeschi. Arrestata, con tutto il suo gruppo, tra fine dicembre ’42 e inizio gennaio ’43. Sottoposta a sevizie e torture fino al 7 febbraio 1943, quando viene uccisa con un colpo sparato in fronte.

Addio, mamma, tua figlia Liubka se ne va nell’umida terra.

(da “Lettere di condannati a morte della Resistenza europea”)

25 APRILE

di Alfonso Gatto

La chiusa angoscia delle notti, il pianto

delle mamme annerite sulla neve

accanto ai figli uccisi, l’ululato

nel vento, nelle tenebre, dei lupi

assediati con la propria strage,

la speranza che dentro ci svegliava

oltre l’orrore le parole udite

dalla bocca fermissima dei morti

“liberate l’Italia, Curiel vuole

essere avvolto nella sua bandiera”;

tutto quel giorno ruppe nella vita

con la piena del sangue, nell’azzurro

il rosso palpitò come una gola.

E fummo vivi, insorti con il taglio

ridente della bocca, pieni gli occhi

piena la mano nel suo pugno: il cuore

d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.