Emily Dickinson

Se la poesia è sintesi che condensa in immagini scritte le idee, i sentimenti, le esperienze, la poesia di Emily Dickinson si può paragonare a sprazzi di luce nitida, alla sfera di vetro limpido del mago, che racchiude un mondo.

Le poesie di Emily Dickinson non sono mai state pubblicate quando lei era in vita. Sono state regali per gli amici a cui le spediva, assieme a lettere altrettanto poetiche e “sintetiche”, in cui dispiegava in frasi originali, quasi eccentriche, la sua anima. Inafferrabile, inclassificabile, travalicante i tempi, le mode, gli stili. Le sue poesie sono state regali per i posteri, per noi che abbiamo il privilegio di conoscerle, leggerle e rileggerle senza mai stancarcene, trattenerne i versi nella memoria e, quando non ricordiamo i versi, ci sono quelle immagini-sprazzi di luce e colore e sentimento profondo che s’imprime nella mente. Regali preziosi e senza prezzo, elargiti in abbondanza e, molto spesso, inutilmente, nei tempi di demenza e ignoranza in cui viviamo. Per questo tento di farne dono anche a voi. La poesia è una forma d’arte e di comunicazione antica quanto il linguaggio umano, perderla significa inaridirci e renderci intellettualmente sterili, significa ridurci a creature spiritualmente monche, monotone, limitate: degli “specialisti” del banale, della competizione inutile e micidiale, dell’alienazione.

Emily Dickinson nacque nel 1830 ad Amherst, una cittadina del Massachusetts situata in un’ampia vallata ricca di boschi. Ad Amherst visse e morì nel 1886.

Le sue poesie non sono di facile traduzione e, purtroppo, non essendo gli editori italiani inclini a spendere per una buona traduzione, anche perché i lettori italiani sono scarsi e non inclini a leggere poesie, la traduzione è spesso cattiva. Ho cercato di rimediare per quanto nelle mie possibilità. Chi ha la fortuna di conoscere bene l’inglese potrà acquistarne i libri e leggere la versione originale.

Molta pazzia è divino buon senso –

per un occhio acuto –

molto buon senso – la follia più cruda –

è la maggioranza

in questo, come in tutto, a prevalere –

Consenti – e sei savio

esita – subito sei pericoloso

e messo in catene.

Questa è la mia lettera al mondo

che a me non scrisse mai –

le semplici notizie che diede la natura –

con tenera maestà.


Il suo messaggio è affidato

a mani che non posso vedere –

per amor suo – dolci – compatrioti

giudicate di me teneramente.


Il cielo è basso – le nuvole imbronciate.

Un fiocco di neve vagante

è incerto se posarsi –

sopra un fienile o oltre un solco –

un vento sottile si lamenta tutto il giorno

di come qualcuno lo ha trattato

la natura a volte, come noi, viene sorpresa

senza il suo diadema.

Un po’ di pazzia a primavera

è permessa anche al re,

ma Dio protegga il folle –

che medita sulla scena portentosa –

sull’intero esperimento verde –

come se gli appartenesse.

Le api sono nere, con cinture d’oro –

bucanieri ronzanti.

Vanno intorno con ostentazione

e vivono di nettare.


Nettare predestinato – non contingente –

midollo delle colline.

Boccali – che la frattura di un universo

non potrebbe rovesciare.

Vi è una solitudine dello spazio,

una solitudine del mare,

una solitudine della morte, ma sono

come stare tra la folla

in confronto a quel luogo profondo

quella polare intimità

un’anima davanti a sé stessa –

finita infinità.