Cambiare stile di vita per salvare la vita, ovvero: boicottare il capitalismo
La neve sotto i mille metri in aprile, tantopiù dopo un febbraio e un marzo esageratamente caldi, significa morte. Morte per le piante ormai in piena vegetazione, morte per gli insetti ormai usciti dal letargo riparato dell’inverno, morte per gli uccelli migratori ormai già arrivati dall’Africa.
Non tutti questi esseri viventi moriranno, per fortuna, ma ne morirà una percentuale molto maggiore del solito, e gli altri in gran parte si indeboliranno e si ammaleranno.
Non ve l’ha detto la televisione né nessun altro mediaservo e dunque forse non lo sapete.
La morte provocata da più di una settimana di freddo invernale in piena primavera non finisce qui. Tutti gli alberi che erano in fiore prima della neve e del freddo non fruttificheranno. I faggi non faranno faggiole, i castagni non daranno castagne né ghiande le querce. E questo significherà stenti, penuria, malattia e morte per molti animali selvatici il prossimo autunno e inverno.
Tuttavia questo disastro dovuto al marasma climatico non sembra essere percepito come disastro dalla maggior parte degli umani, che anzi sembrano felici di poter sciare in aprile e di continuare nella frenesia consumistico-vagante di ogni giorno, come topolini sulla ruota.
La specie animale composta di esseri con due gambe, un internet-cellulare e una o più carte di credito, marcia spedita verso il baratro, trascinando con sé tutti gli altri esseri viventi. Brucia OGNI GIORNO 16 miliardi e 200 milioni di litri di petrolio (questo nel 2023, ma la cifra continua ad aumentare), OGNI ANNO più di 8 miliardi e mezzo di tonnellate di carbone, OGNI ANNO 4000 miliardi di metri cubi di gas naturale ma non capisce come. Non capisce che navi portacontainer, navi da crociera, aerei, inceneritori, autostrade, grandi dighe, agricoltura industriale, allevamenti intensivi e persino guerre sono sostenuti dai consumi e dagli stili di vita di miliardi di privilegiati con scemofòno, carte di credito, auto e moto di grossa cilindrata, vacanze in crociera e viaggi di svago in aereo, seconda e terza casa, abboffamenti in ristoranti taverne bar pizzerie sorti come funghi dopo la pioggia e sempre affollati in tutte le città, mense scolastiche e universitarie che buttano via ogni giorno quintali di plastica nell’allegra indifferenza di “insegnanti”, genitori e dei futuri “intellettuali” ignorantizzati, cioè studenti universitari. Non lo capisce perché la televisione e gli altri mediaservi si guardano bene dal dirlo e ripeterlo ogni giorno: è un tabù, è l’argomento più pericoloso per gli interessi del globalcapitalismo, che ci vuole tutti alla greppia del mangimificio consumista. Non lo capisce perché è ormai separata dalla vita naturale, come i poveri animali di allevamento intensivo: è una specie animale “industriale”, fatta in serie, omologata, livellata. E, come tutti gli animali di allevamento intensivo, è infelice, si annoia, non ha più stimoli naturali né istinto, anche i sentimenti naturali in essa sono soffocati e ottusi; ha l’unico stimolo di consumare e competere nei consumi; di invidiare il multimilionario col panfilo grande dieci volte la sua casa, multimilionario nutrito e arricchito dai suoi ignari e ignoranti consumi.
Così, non potendo competere col multimilionario, la maggior parte dei comunque privilegiati si comperala macchina più grande grossa lussuosa che le sue finanze permettono, il rolex meno costoso, la vacanza in crociera in un loculo … magari facendo il mutuo. Quando invece i suoi lontani antenati avrebbero pietosamente lubrificato la ghigliottina per il multimilionario panfilato, sicuramente sfruttatore schiavista e probabilmente mafioso.
Mentre guardo le foglie accartocciate del ciliegio sotto casa, sento il rombo delle moto che percorrono a tutta velocità la strada sulla collina di fronte. Non vanno da nessuna parte; si fermano in un paese, radunandosi intorno alle moto, raccontandosi le proprie prodezze e le mirabilie del loro rombante mezzo di competizione sociale; ripartiranno verso altre curve e si fermeranno-raduneranno davanti a un altro bar e così via così via per centinaia di chilometri, senza vedere nulla di ciò che li circonda, senza vivere nulla dei luoghi che attraversano, bruciando quintali di benzina per andare su una costosa, pericolosa, nociva giostra.
Il ciliegio non darà frutti quest’anno, né li darà il noce; i meli non allegheranno perché gli insetti impollinatori con questo freddo sono spariti. Le foglie dei peri, dei cachi, dei gelsi, ancora piccole, stanno ingiallendo, come quelle del glicine e del tiglio in giardino, come quelle degli alberi nei boschi. Gli olivi quassù, per fortuna, non sono ancora fioriti, ma sono fioriti nelle colline più basse e non faranno olive. I susini si stanno ammalando e così gli ornielli, le querce, i carpini: in fondo alle vallate, vicino ai fiumi, dove le temperature notturne sono arrivate a zero, si vedono teorie di alberi, fino a dieci giorni fa di un verde brillante, ora di color marrone. Le api negli alveari stanno usando tutta la loro energia per riscaldare le pupe, non raccolgono nettare, non impollinano.
I viticoltori si sforzano di aumentare l’effetto serra e l’avvelenamento dei suoli irrorando di pesticidi le vigne sotto la pioggia, per il terrore dei parassiti fungini che loro stessi hanno selezionato e diffuso, attraverso la monocoltura industriale e con lo sterminio di erbe, insetti e insettivori attuato dai loro pesticidi chimico-sintetici.
Il disastro climatico e ambientale sta minacciando il nostro cibo, non solo quello degli animali selvatici. Per rinsavire bisognerà aspettare di essere costretti a vendere il rolex o la moto per comperare una cassa di patate o un sacco di farina?
Gli scienziati del clima non sono del tutto concordi sul punto di non ritorno, oltre il quale la catastrofe non potrà più essere evitata; alcuni pensano che sia già stato superato, altri ritengono che ci sia ancora tempo, un po’ di tempo ancora per salvare la vita così come la conosciamo, cambiare società, economia, consumi, stili di vita, abbattere il capitalismo che è incompatibile con la salvezza del pianeta. E, per abbatterlo, oltre a combatterlo, dobbiamo smettere di nutrirlo: non si può spegnere il fuoco buttando acqua e insieme combustibile sulle fiamme.
Ma una cosa è sicura, a proposito del punto di non ritorno: se gli alberi, a causa del marasma climatico, non riusciranno più a crescere, vivere, riprodursi, allora non ci sarà più salvezza per nessuno.