BERTOLT BRECHT L’uomo può pensare

Bertolt Brecht, poeta e drammaturgo tedesco, è nato nel 1898 e morto nel 1956. Benché sia nato alla fine dell’ottocento, è uno scrittore contemporaneo a tutti gli effetti: antimilitarista, anticonformista, vicino al marxismo ma con indipendenza di giudizio e senso critico. La sua grande passione è stata il teatro, una passione coltivata per tutta la vita e che ci ha dato opere entusiasmanti e intelligenti, innovative, impegnate politicamente e, nello stesso tempo, divertenti. Possiamo facilmente dedurne che un intellettuale di tal genere non avrebbe potuto sopravvivere nella Germania nazista. E infatti Bertolt Brecht fu per molti anni un uomo in fuga, da un paese all’altro dell’Europa, infine negli Stati Uniti. Tornò nella Germania Est nel 1948, anche perché la persecuzione degli oppositori e dei dissenzienti, feroce e mortale nella Germania nazista, si ripresentava sotto un’altra faccia negli Stati Uniti: era iniziata quella “caccia alle streghe” che era caccia ai comunisti e a chiunque criticasse il sistema capitalista. Una moderna inquisizione che fece vittime illustri e procurò miseria e galera a intellettuali e artisti, la morte ai coniugi Rosenberg. Bertolt Brecht non aspettò di vedere come sarebbe andata a finire, fece le valigie, assieme ad artisti dello spessore di Charlie Chaplin, e nella Germania Est poté finalmente avere un teatro suo, dove mettere in scena nuove opere; poté portarle in tournée in tutta l’Europa.

Ma Bertolt Brecht fu anche un poeta, a volte un poeta “didascalico”, a volte un poeta di quelli che trascendono i tempi e i luoghi. Vale la pena di conoscere le sue opere, in un tempo come il nostro, in cui una dittatura si traveste da pandemia per ottenere un potere mostruoso e modificare l’umanità in modo da farci perdere tutto ciò che ancora abbiamo di umano: solidarietà, affetto, amore per i nostri cari, amore per la natura, libertà di pensiero, dignità, spirito critico, buonsenso, cultura e convivialità. Un tempo in cui il potere di qualche migliaio di multinazionali vuole fare carri armati senza carristi, bombardieri senza piloti e uomini non più capaci di pensare, di distinguere il bene dal male, la menzogna dalla verità.

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente.

Spiana un bosco e sfracella cento uomini.

Ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.

Vola più rapido di una tempesta e trasporta più di un elefante.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.

Può volare e può uccidere.

Ma ha un difetto:

può pensare.

A coloro che verranno

… Nelle città venni al tempo del disordine

quando la fame regnava.

Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte

e mi ribellai insieme a loro.

Così il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.

Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.

Feci all’amore senza badarci

e la natura la guardai con impazienza.

Così il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

Al mio tempo, le strade si perdevano nella palude.

La parola mi tradiva al carnefice.

Poco era in mio potere. Ma i potenti

stavano più sicuri senza di me; o lo speravo.

Così il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

Le forze erano misere. La meta

era molto remota.

La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me

quasi inattingibile.

Così il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

Voi che sarete emersi dai gorghi

in cui fummo travolti

pensate

quando parlate delle nostre debolezze

anche ai tempi bui

cui voi siete scampati.

Andammo noi, cambiando più spesso paese che scarpe,

attraverso le guerre di classe, disperati

quando solo ingiustizia c’era, e nessuna rivolta.

Eppure lo sappiamo:

anche l’odio contro la bassezza

stravolge il viso.

Anche l’ira per l’ingiustizia

fa roca la voce. Oh, noi

che abbiamo voluto preparare il terreno alla gentilezza,

noi non potemmo essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuta l’ora

che all’uomo un aiuto sia l’uomo,

pensate a noi

con indulgenza.

DALLE BIBLIOTECHE


escono i massacratori.

Stringendo a sé i figli

stanno le madri e scrutano atterrite

nel cielo le scoperte dei sapienti.

Luogo d’asilo

Sopra il tetto c’è un remo. Un vento moderato

non strapperà la paglia.

In cortile, hanno piantato

pali, per l’altalena dei ragazzi.

Vedo la posta due volte venire,

qui, dove benvenute sarebbero le lettere.

Passano giù per il Sund, i traghetti.

La casa ha quattro porte, per fuggire.

Il ladro di ciliege

Una mattina presto, molto prima del canto del gallo,

un fischiettio mi svegliò ed andai alla finestra.

Sul mio ciliegio – l’alba empiva il giardino –

sedeva un giovane, con un paio di calzoni sdruciti,

e vispo coglieva le mie ciliege. Vedendomi

mi fece un cenno col capo, con tutte e due le mani

passando le ciliege dai rami alle sue tasche.

Per un bel po’ di tempo ancora, che già ero tornato al mio letto,

lo sentii che fischiava la sua allegra canzonetta.

Hollywood

Ogni mattina, per guadagnarmi il pane

vado al mercato dove si comprano menzogne.

Pieno di speranza

mi metto in fila tra i venditori.

Il pioppo di Karlsplatz

Un pioppo c’è, sulla Karlsplatz,

in mezzo a Berlino, città di rovine,

e chi passa per la Karlsplatz

vede quel verde gentile.

Nell’inverno del Quarantasei

gelavano gli uomini, la legna era scarsa,

e tanti mai alberi caddero

e fu l’ultimo anno per loro.

Ma sempre il pioppo sulla Karlsplatz

quella sua foglia verde ci mostra:

sia grazie a voi, gente della Karlsplatz,

se ancora è nostra.